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Perché in tempo di proibizione degli assembramenti non abbiamo puntato su altri mezzi, abbandonando lo strumento della mostra fotografica?

Per otto buoni motivi:

1.

Per una motivazione che riguarda il contesto.

Chiamiamo impropriamente “distanziamento sociale” le libertà individuali provvisoriamente negate. Dovremmo invece definirlo “distanziamento fisico” e mobilitarci perché non diventi “sociale”. Precise parole che ci impegnano a onorare la nostra missione sociale e ci inducono a non smobilitare il progetto di mostra fotografica itinerante come lo abbiamo concepito, grande motore di relazioni sociali.

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2.

Perché la mostra fotografica è stata pensata e progettata come la migliore soluzione per educare 

divulgando informazioni e rimuovendo stereotipi – sulla malattia di Parkinson, arcinota ma semi-sconosciuta nella sua complessità.

3.

Perché le fotografie sono testimonianze raccolte per realizzare lo scopo informativo ed educativo.

Perché le fotografie di Diffidenti sono racconti; 20/30 (?) racconti di storie emozionanti.

4.

Perché ogni rito impone delle regole:

l’intelligenza collettiva che seleziona le immagini e studia un progetto architettonico di fruizione “fisica” e totalizzante delle fotografie, allestite in ambienti dedicati e raccolti, stampate in grande formato e in alta definizione, godibili ciascuna con i tempi che ogni visitatore decide… Non bastano belle immagini: è un attimo scivolare dalla magia di un allestimento nel Chiostro del Piccolo Teatro alla noiosa proiezione delle foto delle vacanze.

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5.

In più, il nostro progetto di allestimento trascina nella fruizione delle immagini anche l’udito…

stimolando altre emozioni con l’ascolto di testi teatrali, interpretati da grandi artisti, dalle voci inconfondibili.

6.

Queste particolarità del nostro progetto sono alla base dell’adesione entusiasta di Sergio Escobar del Piccolo Teatro…

che ci aveva messo a disposizione il Chiostro Nina Vinchi per la tappa inaugurale della mostra fotografica.

7.

La stessa app che ci fa ascoltare le voci di Lella Costa e Claudio Bisio dal nostro smartphone ci consente di accedere alla realtà aumentata…

per saperne di più sulle storie che guardiamo nelle foto e ci dà la possibilità di esprimere il nostro gradimento o meno e far sapere le nostre emozioni.

8.

Oltre che innovativa e più ricca di servizi, la tecnologia prescelta per l’audioguida nasce già conforme alle misure di contenimento del Covid19:

l’utilizzo del proprio smartphone attraverso una semplice app non richiederà infatti la sanificazione dell’apparecchiatura a differenza di quelle tradizionalmente fornite a questo scopo.

No, questa “immersione” nelle storie di resilienza al Parkinson che la mostra vuole farci vivere, non si può trasferire tout court sullo schermo di un tablet.

Un adattamento alla rete svilirebbe la nostra campagna: per internet dobbiamo darci una strategia ad hoc e realizzare un progetto specifico.

Mentre proseguono la raccolta dei casi e dei reportage, rinviamo l’allestimento della mostra fotografica a quando sarà consentito, ma diamo immediatamente vita a una iniziativa per la rete: il debutto virtuale della mostra che non c’è.

Giangi Milesi